RACCONTI
Appunti di viaggio
Genere Drammatico
Autore Emiliano Vezzoli
Email staff@evweb.it
E' una mattina come tante. In una citta' come tante. Su un autobus come tanti. Piu' nel dettaglio, mi accinco a salire sulla linea C, che fa la spola tra la stazione ferroviaria e la facoltà di ingegneria. Sto tornando a casa.

Salendo i gradini del bus non posso non notare due persone, un uomo ed una donna. Malconci, sporchi, persino maleodoranti. Stanno dormendo seduti sui sedili posteriori. Proprio quelli vicino al motore. Quelli piu' caldi.

Che fortuna. Oggi c'e' poca gente. Posso sicuramente sedermi. Istintivamente cerco posto il piu' lontano possibile dai due barboni. Si, ho proprio pensato cosi'. Sono due barboni! Potrebbero essere pericolosi. Devo starci alla larga.

Purtroppo i posti anteriori e centrali sono già occupati dalle solite vecchine, cosi' mi accontento di quel sedile vicino al finestrino che offre la miglior visuale possibile sui due pezzenti. Per tutto il viaggio non faccio altro che osservarli. Piu' che altro li sto tenendo d'occhio. Non si sa mai, penso. Certo che dormono proprio profondamente. Non riesco a vedere i loro visi. Sono coperti dalle braccia improvvisate a cuscini. Quel poco che resta scoperto è sporco. Neppure il colore della loro pelle è definito.

Dopo circa quindici minuti, ad una fermata, il conducente del mezzo lascia il proprio posto di guida e scende, per poi risalire dalla porta posteriore.

<< Hey, giovanotti!!, Sveglia... avanti... scendere... non è mica un albergo questo!>>

Finalmente qualcuno che fa il suo lavoro, ho pensato. Con tutti gli scippatori e gli scrocconi che mi capita di vedere ogni giorno... Questo conducente è un "eroe"! Poi però osservo il comportamento dei due e le cose cambiano. Contrariamente a quanto ho visto decine di volte in caso di extracomunitari colti in mancanza di biglietto e pronti alle scuse piu' inverosimili, queste due persone, probabilmente marito e moglie, si sono alzate, lentamente ed in silenzio, a capo chino, e sono scese. Non prima pero' che io potessi leggere la disperazione nei loro occhi. La disperazione di chi, con molta probabilita', ha perso tutto, la casa, il lavoro, la speranza di potersi costruire una famiglia e vivere dignitosamente...

Ed e' allora che mi sono chiesto perche', alle soglie del ventunesimo secolo, alla vigilia della nascita di una stazione spaziale internazionale e di tanti altri gadget tecnologici che "miglioreranno" la nostra vita, si debba assistere a situazioni tanto tristi. L'etnologo Thor Heyendal tempo fa ha detto "Il progresso e' la capacita' dell'uomo di complicare le cose semplici". L'uomo finira' veramente per autodistruggersi come hanno descritto decine di scrittori di fantascienza?

Una volta sceso dal bus e sistematomi in una carrozza del treno ho pensato: <<cosa mi avra' preparato mia mamma per cena? ... Devo ricordarmi di telefonare a Marco per il CD di Madonna...>>. Cosi' ho capito il perche'.

 

 

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